lunedì 15 settembre 2025

Il sorriso che sfidò la paura: l’eredità di Padre Puglisi

Sono trascorsi trentadue anni dall’assassinio di don Pino Puglisi. Tre decenni e più da quel suo sorriso disarmante che, senza parole altisonanti, riuscì a incrinare la pretesa di chi pensava di governare con il terrore. Oggi non si esalta un simbolo astratto, ma si ricorda una persona concreta: un prete che non inseguiva la gloria, né desiderava il sacrificio. Era semplicemente un uomo che ha scelto di comportarsi da cittadino responsabile, e in una terra in cui la normalità diventa spesso atto di ribellione, questa coerenza è bastata a scatenare l’odio della mafia.

Così lo ha ricordato il sindaco di Palermo, Roberto Lagalla, nell’anniversario del delitto avvenuto il 15 settembre 1993, quando Puglisi cadde sotto i colpi della criminalità organizzata e che, vent’anni dopo, è stato riconosciuto Beato.

Lagalla ha aggiunto che Puglisi non ha mai fatto della provocazione la sua arma, né ha scelto lo scontro diretto. La sua battaglia era un’altra: restituire speranza, dignità e consapevolezza a chi era stato abituato al silenzio e alla paura. La sua uccisione non ha cancellato quel percorso, anzi lo ha reso più evidente, mostrando quanto la mafia tema l’educazione, la libertà di pensiero e la forza dei gesti semplici che costruiscono comunità. Palermo – ha ribadito – non deve fermarsi al ricordo: occorre dare continuità al cammino avviato. I semi piantati da Padre Puglisi non devono restare solo memoria, ma trasformarsi in impegni concreti.

Anche il presidente del Senato, Ignazio La Russa, lo ha commemorato: “A distanza di 32 anni dalla sua uccisione, l’esempio di don Puglisi rimane vivo. Con il Vangelo come arma, ha saputo affrontare la mafia. Il suo sacrificio continua a rappresentare un’eredità di fede, coraggio e responsabilità che il Paese ha il dovere di custodire e trasmettere”.

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